Il progetto di restauro
Studio 3C+T Capolei Cavalli Architetti Associati
Cenni storici
Con il nome “Casina del Curato” o “Casina di Raffaello” è denominata una costruzione di piccole dimensioni di età rinascimentale situata a Roma, nel quartiere Parioli, compresa all’interno della curva che precede l’ultimo tratto della Via Francesco Jacovacci, verso Via dei Monti Parioli.
Probabilmente la Casina faceva parte del complesso della Villa di Papa Giulio III (1550-1555) che si estendeva dai Parioli al Tevere includendo l’attuale Museo nazionale di Villa Giulia, che era il palazzo di Papa Giulio, il palazzo costruito da Pio VI (1559-1565) dagli anni trenta sede dell’Ambasciata d’Italia presso il Vaticano e varie costruzioni rustiche e loggiati. Purtroppo, data l’importanza minore di tale costruzione, non esiste una documentazione storica che ci aiuti a determinarne l’anno di costruzione né se ne fa menzione all’interno degli atti notarili che riguardano edifici più importanti.
All’inizio del ‘900 fece parte della proprietà Balestra, e, nel Piano Particolareggiato n. 54 del 28 aprile 1938, la piccola area circostante la Casina del Curato fu destinata a parco pubblico e, quindi, soggetta ad esproprio: tale destinazione è stata una delle principali cause dell’abbandono e della rovina dell’edificio, non più curato dal proprietario che ne attendeva l’esproprio e non ancora oggetto delle cure del Comune.
Nella metà degli anni ’50, in considerazione della “notevole importanza paesaggistica della cosiddetta «Casa del Curato o di Raffaello», che con la sua architettura squisitamente rinascimentale, inquadrata a Sud e ad Est nel verde della ex Villa Balestra e del viale delle Belle Arti, forma un complesso di rilevante valore estetico e tradizionale con l’ambiente circostante” l’area è stata soggetta a vincolo con Decreto Ministeriale dell’8 ottobre del 1955.
L’edificio ha una pianta rettangolare coperta con un tetto a due falde, il corpo di fabbrica è a due piani e, sul lato sud è caratterizzato da una torre che raggiunge i tre piani di altezza; si riconosce la concezione compositiva che ha contraddistinto l’architettura domestica minore durante il periodo medievale e che si è mantenuta anche nel periodo rinascimentale, con la presenza del portico nella zona basamentale , nel caso particolare ad angolo, ad arcate sorrette da pilastri (e non da colonne) e la loggia all’ultimo piano ad archi a tutto sesto; il fatto di avere ancora al piano terra il porticato ci può aiutare a ipotizzare che la data di costruzione della casa possa risalire ad un periodo antecedente alle ordinanze di fine XV sec. di Sisto VI, il restaurator urbis, con cui si escludeva l’uso del portico.
La parte alta dell’edificio, verso Sud, è concepita come una torre con loggiato, e questa immagine è rafforzata dalla presenza sull’angolo Sud-Ovest di uno sperone che originariamente, nei disegni ottocenteschi, era decorato a bugne. Un locale, ricavato nella parte alta della torre, corona l’edificio.
La caratteristica più evidente della casa del Curato riguarda sicuramente la decorazione esterna a “graffiti” (o “sgraffiti”), anche se ormai è praticamente scomparsa.
La tecnica del graffito (o sgraffito) venne usata in prima istanza nella pittura e, durante il Rinascimento, il metodo fu trasferito alla decorazione delle superfici intonacate. La muratura veniva intonacata con uno strato di intonaco tinto di nero-fumo e sopra di questo una velatura di calce mescolata con polvere di travertino; si otteneva così una superficie con due strati di colore diversi nei quali la decorazione viene sgraffiata con uno strumento di ferro, come le linee di un disegno.
Si riporta di seguito una descrizione di tale tecnica decorativa tratta dal “Le Vite” di Giorgio Vasari, Edizione Torrentiniana
“Capitolo XXVI Degli sgraffiti delle case che reggono a l’acqua; quello che si adoperi a fargli, e come si lavorino le grottesche nelle mura.”
“Hanno i pittori un’altra specie di pittura ch’è disegno e pittura insieme, e questo si domanda sgraffito e non serve ad altro che per ornamenti di facciate di case e palazzi, che più brevemente si conducono con questa spezie e reggono alle acque sicuramente, perché tutti i lineamenti, invece di essere disegnati con carbone o con altra materia simile, sono tratteggiati con un ferro dalla mano del pittore. Il che si fa in questa maniera: pigliano la calcina mescolata con la rena ordinariamente, e con la paglia abbruciata la tingono d’uno scuro che venga in un mez[z]o colore che trae in argentino e verso lo scuro un poco più che tinta di mez[z]o, e con questa intonicano la facciata. E fatto ciò e pulita col bianco della calce di trevertino, la imbiancano tutta, et imbiancata ci spolverono su i cartoni overo disegnano quel che ci vogliono fare, e dipoi, agravando col ferro, vanno dintornando e tratteggiando la calce, la quale, essendo sotto di corpo nero, mostra tutti i graffî del ferro come segni di disegno. E si suole ne’ campi di quegli radere il bianco e poi avere una tinta d’acquerello scuretto moltoacquidoso, e di quello dare per gli scuri come si desse a una carta, il che di lontano fa un bellissimo vedere; ma il campo, se ci è grottesche o fogliami, si sbattimenta, cioè ombreggia con quello acquarello. E questo è il lavoro che per essere dal ferro graffiato, l’hanno chiamato i pittori sgraffito. Restaci ora ragionare de le grottesche, che si fanno sul muro. Quelle che vanno in campo bianco non ci essendo il campo di stucco, per non essere bianca la calce, si dà loro per tutto sotilmente il campo di bianco, e fatto ciò si spolverano e si lavorano in fresco di colori sodi, perché non arebbono mai la grazia ch’ànno quelle che si lavorano su lo stucco. Di questa spezie possono essere grottesche grosse e sottili, le quali vengono fatte nel medesimo modo che si lavorano le figure a fresco o in muro.”
Nella decorazione murale il graffito venne usato sia in epoca medioevale che durante il rinascimento, quando ebbe la sua massima diffusione nella decorazione di facciate di case e palazzi. I prospetti della Casina del Curato erano tutti decorati con splendidi graffiti.
L’aspetto generale della decorazione a graffito del prospetto principale è riprodotto nell’opera di Enrico Maccari sui graffiti e chiaroscuri esistenti nell’esterno delle case del Rinascimento in Roma: possiamo così immaginare l’importanza di questa Casa,sia per la suggestiva decorazione che la rivestiva completamente, sia per lo scarso numero di costruzioni minori del Rinascimento in Roma che ancora conservano quella decorazione.
Sul prospetto rivolto verso Est si può vedere ancora una parte del prospetto con triangoli alternati bianchi e neri. Sui lati brevi della costruzione sono rimasti i segni dei graffiti che delimitano le fasce decorative.
Sul prospetto Ovest, che è quello principale, la composizione era sicuramente più complessa: si notano ancora le tracce dei tondi e della decorazione che verranno messe in evidenza in fase di restauro. Umberto Gnoli, parlando del graffito esistente sulla facciata principale della Casa del Curato, così si esprime:” Questa opera, di una squisita eleganza, con ritratti dei proprietari nei medaglioni, due fregi, panoplie ai lati delle finestre, sembra eseguita verso il 1525”.
Problemi di valorizzazione, preservazione e restauro
Attraverso l’osservazione delle superfici dei prospetti dell’edificio si è riscontrato uno stato di degrado delle superfici intonacate molto avanzato; se da un punto di vista strutturale non appaiono lesioni preoccupanti, per quanto riguarda lo stato di conservazione delle superfici intonacate e decorate con graffiti, invece, si rileva, purtroppo, una realtà assai diversa: i graffiti sono quasi completamente spariti e l’intonaco si presenta in uno stato di decoesione superficiale con evidenti fenomeni di sgranellamento e polverizzazione.
Le facciate dei prospetti Ovest ed Est, presentano ancora alcune tracce dei graffiti originali, seppur molto rovinati.
Nella facciata ad Est si sono conservati i graffiti presenti in prossimità della copertura del blocco a due piani, in una zona in cui lo sporto della copertura ha protetto la facciata dagli agenti atmosferici e dall’azione di dilavamento delle acque meteoriche.
Nella parte “a torre” non ci sono più tracce di decorazioni ed in alcune parti si è perso anche completamente lo strato di intonaco, mettendo in evidenza la muratura di tufo sottostante.
Da un’analisi più attenta della facciata si può notare come gli interventi di restauro precedentemente effettuati siano caratterizzati dal rifacimento di ampie zone di intonaco, riconoscibili dal colore giallo/marrone, sottotono rispetto alle altre parti di intonaco probabilmente originarie, con cui sono state colmate le lacune presenti nella facciata decorata; tutto il prospetto, inoltre, sembrerebbe essere stata trattato con una scialbatura “caricata” con terre di colore tendente al giallo/ marrone, molto simile alla base cromatica costituita dal colore dei tufi della sottostante muratura.
Con tale velatura sono stati ricoperti anche i graffiti, che, in alcuni tratti, sembrerebbero addirittura essere stati ridipinti, sempre con colori a base di terre: in alcune tratti, infatti, si vedono scolature di colore marrone, causate dal dilavamento dell’acqua piovana. Due zone trattate con intonaco di restauro a formare due grandi rettangoli particolarmente regolari, , farebbero pensare, a prima vista, ad un intervento di chiusura di finestre; ma i disegni delle decorazioni a graffito ancora visibili in quei tratti di prospetto non sembrerebbero indicare l’esistenza di finestre, almeno nella composizione originaria della Casina, a meno che, nel tempo , non siano state aperte in breccia, ed il restauratore abbia deciso di chiuderle, mantenendo con il trattamento regolare dell’intonaco la testimonianza di tale scelta progettuale.
Sugli angoli dell’edificio, ma anche nelle zone in cui è venuto a mancare l’intonaco, si vede la muratura eseguita in blocchi di tufo; si riscontra come in un precedente intervento di restauro, di tipo “romantico”, ossia di congelamento dello “staus quo”, si sia scelto di stuccare l’intonaco intorno alle parti distaccate in modo da mantenere volontariamente “a vista” le parti di muratura sottostante.
Questo approccio, probabilmente, ha condizionato la scelta di omogeneizzare il colore dell’intonaco a quello del tufo ma ha anche portato alla modifica del cromatismo originario della Casina del Curato, che si basava sul bianco e nero dei graffiti.
Nella zona dell’attacco a terra è visibile un rifacimento di una porzione di superficie, caratterizzata da un colore grigio che farebbe pensare ad un intonaco moderno a base cementizia.
Nella Facciata ad Ovest, la principale, oltre all’assetto compositivo particolarmente ben calibrato, si possono ancora leggere le linee decorative della facciata. Anche in questo prospetto le zone prossime agli sporti ed al tetto presentano un miglior grado di conservazione e la policromia degli intonaci di restauro presenti mette in evidenza i differenti interventi effettuati nel corso degli anni. Come nel prospetto Est gli intonaci di restauro hanno una colorazione che tende al giallo/marrone, che diventa il minimo comune denominatore della facciata stessa; potrebbe essere il risultato di una scialbatura protettiva che aveva anche lo scopo di “conformare” l’immagine finale di tutti i prospetti.
A differenza del prospetto Est, però, nel prospetto Ovest le parti originali continuano a mantenere la tonalità di “grigio” che le caratterizza e le rende riconoscibili ( forse a causa di un differente livello di decoesione superficiale dell’intonaco originario rispetto a quello di restauro). Altri interventi di restauro, invece, realizzati con malte pozzolaniche, hanno avuto l’ effetto di formare macchie scure che “risaltano” molto rispetto agli altri intonaci.
Alcuni graffiti sembrerebbero essere stati rifatti (non si può escludere che a tal fine siano state utilizzate anche tecniche pittoriche) probabilmente con la volontà di restituire l’immagine unitaria originaria delle decorazioni (anche queste ricostruzioni sono riconoscibili perchè realizzate su intonaco tendente al giallo). In prossimità della copertura del corpo di fabbrica a due piani una ampia zona di intonaco pozzolanico di colore grigio, sottopiano rispetto alla facciata, manifesta un ulteriore intervento di restauro.
Alcune riprese di intonaco, invece, sono state eseguite sopra il piano dell’intonaco originario.
Questa commistione di fattori produce un effetto percettivo distorto dei prospetti, le parti originarie, che sono più chiare e meno visibili, arretrano rispetto ai rifacimenti: l’immagine finale risulta al negativo rispetto a quella che, a nostro avviso, si dovrebbe avere.
La scelta di progetto propende dunque al riequilibrio cromatico delle facciate (tendente però alla scala dei grigi e non dei marroni) per riportare, ove possibile, gli interventi di restauro sottopiano, rispetto agli intonaci originari, e se questo non fosse possibile, almeno sottotono, anche con l’ausilio di acquerelli e scialbi con latte di calce e terre naturali , in modo da riportare delicatamente in primo
piano le parti originali e rendere tuttavia riconoscibili all’occhio esperto gli interventi succedutesi nel tempo.
L’attacco a terra della facciata risulta compromesso; ampie zone di intonaco sono ormai saltate scoprendo la sottostante muratura in tufi. Alcune parti in pietra, cornici, cornicioni ed elementi decorativi sembrerebbero di fattura non originale.
L’inserimento delle catene, probabilmente effettuato negli anni sessanta, non ha tenuto in nessun conto le decorazioni della facciata; i due capochiave del corpo di fabbrica più basso, infatti, rovinano i “medaglioni” anticamente decorati con i volti dei proprietari della Casa.
Il prospetto Nord, invece, è molto compromesso: si continuano a percepire, a fatica, le antiche decorazioni, grazie ai chiaroscuri determinati dai rilievi dei graffiti. Anche questo prospetto è caratterizzato da interventi di restauro in linea con quanto già precedentemente descritto.
La diversa esposizione e la mancanza di sporti di copertura ha però accelerato il degrado degli intonaci ed ha attenuato la presenza della scialbatura gialla, riportando il cromatismo della facciata più vicino alla tonalità grigia determinata della pozzolana utilizzata per l’impasto degli intonaci. Il trattamento delle parti di intonaco mancante in prossimità degli angoli ed in altre zone del prospetto ripropone l’approccio “romantico” della scuola di restauro ottocentesca.
Il prospetto Sud è forse quello più compromesso; non sono più riscontrabili tracce di graffiti e lo stesso intonaco risulta molto deteriorato.
Il cromatismo di questa facciata è diverso da quello riscontrabile negli altri prospetti, non è presente il colore giallo/marrone ma un colore grigio con sfumature di rosso tipico degli intonaci pozzolanici; il prospetto non è stato trattato quindi con velature o scialbature ma il suo colore deriva dall’impasto pozzolanico con piccoli inserti di pietra bianca .